
– Enrica Arena, si presenti velocemente
Nata a Catania nel 1985, ho conseguito un doppio diploma di laurea italo-francese in Interpretariato e Comunicazione presso lo IULM di Milano, dove ho anche frequentato un Master in Comunicazione per le Relazioni Internazionali. Dopo le prime esperienze lavorative in Egitto come PR Specialist per la Bibliotheca Alexandrina e Project Manager Assistant per UNDP-Egypt, sono rientrata in Italia dove ho conseguito una laurea magistrale in Cooperazione allo Sviluppo presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Così ho scoperto la passione per l’imprenditoria sociale come motore di crescita e sviluppo, che è stato il faro delle esperienze lavorative che ho maturato in seguito e che mi ha portato nel 2014 a fondare Orange Fiber – l’azienda italiana che ha brevettato e produce tessuti sostenibili dai sottoprodotti della spremitura industriale degli agrumi – della quale sono oggi CEO e responsabile del project management, della comunicazione e del fundraising.
– La storia di Orange Fiber è stata lungamente raccontata dai media nazionali. Secondo lei, per i giornalisti la Sua azienda per quale motivo fa notizia?
La sostenibilità, la moda e la Sicilia sono i tre ingredienti fondamentali di Orange Fiber, una triade indissolubile che è fonte di ispirazione e che ci spinge ogni giorno ad impegnarci per far sì che la nostra azienda possa fare la differenza, contribuendo a risolvere i problemi ambientali legati allo smaltimento dei sottoprodotti dell’industria di trasformazione agrumicola e all’industria del tessile-abbigliamento, gettando le basi per il rilancio economico della Sicilia e dell’Italia intera.
Questi tre elementi, uniti al fatto che l’azienda ha avuto origine da un nucleo composto da due startupper donne, piacciono molto ai media nazionali e internazionali e appassionano il grande pubblico, toccando delle tematiche trasversali: la passione, la determinazione, la creatività, l’empowerment femminile.
Per non parlare poi dell’origine dei nostri tessuti, ossia i sottoprodotti dell’industria di trasformazione degli agrumi, che nell’immaginario comune si fanno arancia, frutto simbolo della Sicilia capace di evocare suggestive immagini della natura mediterranea e della sua bellezza.
– La business idea, insieme ad Adriana Santanocito, è maturata a Milano. A parte Voi due, ci credevano in molti? In pochi? Che resistenze o viceversa aperture avete trovato?
Nel 2011, nel corso dei suoi studi in Fashion Design e materiali innovativi all’AFOL Moda di Milano, Adriana Santanocito – ideatrice & Co-Founder – intercetta il trend dei tessuti sostenibili e decide di approfondire l’argomento nella sua tesi e ha l’intuizione di poter utilizzare gli agrumi per creare un tessuto innovativo.
Passare dall’idea alla pratica chiaramente non è stato né semplice né immediato, ma grazie alla collaborazione con il laboratorio di Chimica dei Materiali del Politecnico di Milano, nel 2013 è stata provata la fattibilità del processo e depositato il brevetto italiano, esteso poi in PCT internazionale nel 2014.
A quel tempo Adriana ed io condividevamo la stessa casa a Milano, e come spesso accade tra coinquilini fuori sede, Adriana mi chiese di far parte del team di un progetto – a quel tempo poco più che idea – da presentare ad una startup competition che le aveva segnalato la provincia di Milano. A quel tempo ero impegnata a completare il percorso universitario e lavorare, quindi le dissi che sì avrebbe potuto inserirmi ma che non avrei avuto tempo da dedicare. Da lì a qualche mese il progetto accede alla seconda fase della selezione e lei mi chiese di andare a fare una presentazione a Barcellona perché padroneggiavo meglio l’inglese.
Da lì, mi sono messa a studiare per presentare la sua idea, cercando di capire di cosa si trattasse per dare a lei l’opportunità di portare avanti quel progetto, ma continuando a cercare la mia strada in settori diversi. Da allora, non ho mai smesso di raccontare la storia di Orange Fiber, ma soprattutto, di progettarne il futuro.
Con il senno di poi, posso dire che abbiamo trovato molta apertura e curiosità ma è stato complicato trasformare la curiosità in supporto pratico (finanziario per esempio) o individuare le giuste competenze e professionalità per passare dall’idea all’impresa.
– Il progetto imprenditoriale invece ha preso forma qualche anno dopo la maturazione della business idea. I marketers di norma predicano il “go to market” subito. Perchè non è stato così nel caso di Orange Fiber?
Come per tutte le startup, la strada dall’idea all’impresa non è semplice, è una strada complicata, costellata di intoppi e false partenze.
Nel nostro caso le difficoltà maggiori sono riconducibili alla limitata disponibilità di capitali dovuta alla bassa propensione che nel tempo abbiamo riscontrato da parte degli investitori a scommettere in sviluppo della tecnologia. Un progetto industriale ha bisogno di investimenti in R&S e in creazione ed ingegnerizzazione degli impianti, per poter produrre, crescere e soddisfare i tempi di fornitura richiesti dai brand di moda.
Nonostante questo limite, Orange Fiber è riuscita a raggiungere il mercato nei primi 3 anni di vita della startup con il lancio della Ferragamo Orange Fiber Collection avvenuto il 22 aprile 2017, in occasione della Giornata internazionale della Terra.
– Dal progetto imprenditoriale alla start up è stata un’altra fase molto delicata. Ha avuto il supporto di investitori, incubatori, altri imprenditori?
La determinazione, l’impegno e le energie spese ogni giorno a lavorare sul progetto, hanno permesso ad Orange Fiber di emergere nell’ecosistema startup.
Il potenziale e la validità del business model e dei piani di sviluppo hanno fatto sì che il progetto venisse accolto con entusiasmo in diversi programmi di accelerazione, rappresentando un punto di forza nell’accesso ai bandi di finanziamento e agli occhi di potenziali investitori. Soprattutto nella prima fase dell’azienda, il supporto ci è arrivato da business angels catanesi che hanno creato la leva finanziaria necessaria per avviare i finanziamenti agevolati da bandi pubblici. È a loro che va la gratitudine per aver permesso ad Orange Fiber di muovere i primi passi verso il prototipo e il mercato.
Dalla sua costituzione ad oggi l’azienda ha raccolto risorse finanziarie per oltre 1 milione di euro grazie ad un mix di investimenti di business angel, fondi pubblici e grant. Anche se può sembrare una cifra da capogiro, non bisogna farsi ingannare: su 6 anni di attività sono poco più di 150 mila € l’anno, che sono davvero pochi se è necessario coprire gli investimenti in impianti e in tutela della proprietà intellettuale, il personale, i costi di produzione, le spese di rappresentanza, etc..
Tra il 2014 e il 2015, grazie al contributo del bando di finanziamento Smart&Start di Invitalia (Ministero Sviluppo Economico) e di Trentino Sviluppo, siamo riusciti a far nascere il nostro primo impianto pilota per l’estrazione della cellulosa da agrumi atta alla filatura e presentare il primo prototipo di tessuto. Alla fine del 2015, con la vittoria del Global Change Award – l’iniziativa lanciata dall’organizzazione no-profit H&M Foundation con l’obiettivo di ricercare idee innovative capaci di chiudere il cerchio nell’industria della moda per salvaguardare il nostro pianeta – abbiamo avuto la possibilità di poter ricevere un grant da investire in ricerca e sviluppo e beneficiare di un anno di consulenza e accelerazione personalizzata offerta da Accenture e dal KTH Royal Institute of Technology di Stoccolma per far crescere e consolidare il nostro progetto e la nostra azienda. Nel 2018 siamo stati selezionati per entrare a far parte del programma di accelerazione e mentoring di Fashion for Good – Plug&Play, con il supporto del quale abbiamo lavorato su diversi aspetti del nostro business plan, preparandoci allo scale up industriale.
Nel 2019, infine, abbiamo completato con successo una campagna di equity crowdfunding sulla piattaforma CrowdFundMe che ci ha permesso di avviare un piano di investimenti finalizzato ad aumentare la capacità produttiva e soddisfare le numerose richieste dei brand.
– Diamo qualche numero di Orange Fiber oggi.
Nel 2019 Orange Fiber è passata da startup a PMI innovativa e, a seguito della campagna di equity crowdfunding lanciata sulla piattaforma CrowdFundMe, ha raccolto 650.000€ da 365 investitori, ridefinendo il suo Cda e il team di lavoro.
L’attuale CdA è composto da Enrica Arena, socia e legale rappresentante, Giuseppe Venezia, professionista con competenze in ambito finanziario e di raccolta fondi, e Andrea Bonina, socio e CTO dell’azienda con un ruolo di rilievo nello sviluppo della tecnologia proprietaria e nell’ottimizzazione dei processi di produzione industriale.
La nuova governance è stata individuata per dare maggior forza al perseguimento degli obiettivi condivisi con gli investitori durante la campagna di crowdfunding: l’ottimizzazione del processo di produzione industriale e l’aumento della capacità produttiva.
Grazie al piano di investimenti avviato e alle nuove strategie corporate, abbiamo realizzato un nuovo impianto di produzione in Sicilia, a fine settembre 2020 abbiamo concluso la produzione della prima tonnellata di nuova cellulosa da agrumi atta alla filatura ed oggi stiamo lavorando per finalizzare importanti partnership industriali che ci permetteranno di scalare la produzione ancor più velocemente e soddisfare le numerose richieste di fornitura ricevute.
Quanto al team di lavoro, esso è stato potenziato con l’inserimento, a luglio 2020, di nuove risorse in ambito chimico, commerciale e gestionale.
La gran parte del team è siciliano e lavora presso la nostra sede operativa di Catania, i collaboratori operano per lo più da remoto – in un’ottica di lavoro smart ed integrazione digitale di competenze diverse. Ci incontriamo live partecipando ad eventi e meeting a Milano o in Sicilia, in base alle necessità.
– Enrica, si sta aprendo una grande stagione di cambiamenti in cui innovazione, digitalizzazione e transizione ecologica caratterizzeranno una nuova fase economica anche per l’Italia. Orange Fiber è stata pioniera di questa rivoluzione che è anche culturale. Che effetto le fa?
Soddisfazione, per i risultati raggiunti, per la rete di fiducia che è stata costruita negli anni e per le persone che sono state ispirate dal percorso dell’azienda, che saranno tra le prime a raccogliere la sfida di questa transizione gentile e tecnologica allo stesso tempo.
Essere pionieri comporta anche delle responsabilità, farsi portavoce della sostenibilità richiede la competenza e la serietà per fare scelte consapevoli guidate dai valori quando le circostanze lo richiedono. Ha significato tracciare strade dove non ce n’erano, che ora possono essere percorse con più facilità da chi arriva dopo – sia in buona che in cattiva fede.
E fiducia, molta fiducia in una cultura d’impresa pone la sostenibilità, la trasparenza, l’etica e il rispetto alla base del progetto imprenditoriale e del metro di scelta dei clienti, facendo incontrare domanda e offerta in base alla condivisione di valori. Credo nell’importanza dell’educazione e della consapevolezza, che permettono ad ognuno di noi di agire come investitori che premiano, acquistandone i prodotti, quelle aziende che hanno un impatto positivo sull’ambiente e sulle persone.
– La più grande soddisfazione che le ha fin qui dato Orange Fiber, qual è stata?
Dai primi prototipi alle prime collezioni moda realizzate con i tessuti da agrumi da Salvatore Ferragamo nel 2017, H&M (Conscious Exclusive Collection) ed E. Marinella nel 2019, in questi anni Orange Fiber mi ha dato tantissime soddisfazioni.
Probabilmente la più grande è essere riusciti a ottimizzare il processo di produzione industriale attraverso la realizzazione di un nuovo impianto pilota in Sicilia e delle partnership strategiche strette per migliorare le performance di sostenibilità dei nostri prodotti, curando al contempo il brand e la reputazione dell’azienda facendone un punto di riferimento nazionale ed internazionale.
Ci troviamo in un momento di svolta nella storia dell’azienda, alla vigilia di un ulteriore scatto in avanti che consentirà ad Orange Fiber di consolidarsi nel panorama produttivo europeo. Mi piace credere che la più grande soddisfazione sarà la prossima, indipendentemente dal momento, perché mi da la forza di costruire e immaginare strategie di sviluppo, da perseguire insieme alla squadra fantastica di professionisti con cui condivido questo percorso.
– Quali i prossimi step dell’azienda? Sarà sempre la moda, del lusso o del fast fashion, il mercato business principale? Pensa anche ad altri mercati, ad esempio quello consumer? O proprio ad altri mercati merceologici?
L’azienda che ho il piacere di dirigere e rappresentare, che conta più di 370 soci, ha come prossimo obiettivo di presentare al mercato una nuova collezione di tessuti sostenibili da agrumi tra giugno e settembre di quest’anno e, entro la fine del 2021 annunciare una nuova collaborazione con un brand di moda.
A livello produttivo, l’obiettivo è aumentare la nostra capacità produttiva fino a 60 tonnellate di cellulosa da agrumi l’anno e consolidare partnership lungo tutta la filiera per soddisfare in maniera più veloce ed efficiente le numerose richieste dei brand che riceviamo quotidianamente.
L’incremento della capacità produttiva ci permetterà, inoltre, di coinvolgere target di clienti diversi e di ampliare i nostri orizzonti di mercato penetrando nuovi settori merceologici come ad esempio quello del tessile casa o del design d’interni che già da tempo mostrano interesse nei confronti dei nostri prodotti.
Tanto lavoro che siamo certi darà i suoi frutti…anzi, le sue fibre, rendendo la nostra Orange Fiber sempre più capace di contribuire in maniera attiva ad un processo di cambiamento virtuoso e trasversale nell’industria della moda.
– Orange Fiber è anche un bell’esempio per tanti giovani, soprattutto donne, che si avvicinano al mondo delle start up. Quale consiglio si sente di dare a chi intraprende questo percorso?
L’esperienza con Orange Fiber mi dimostra ogni giorno di più la centralità delle competenze ed il valore della collaborazione nella crescita e sviluppo di un progetto imprenditoriale.
Pensare che basti una buona idea per creare una startup di successo è un’utopia.
Come recita un’espressione celebre nel mondo delle startup americane “Innovation Is 1% Inspiration, 99% Perspiration” perché è una buona esecuzione che permette ad un sogno di concretizzarsi, e l’execution è fatta di competenza, resilienza, capacità di fronteggiare le difficoltà e adattarsi ai cambiamenti senza perdere di vista l’obiettivo e i valori che sono alla base dell’azienda.
Il consiglio che mi sento di dare a chi intraprende un percorso nel mondo delle startup, da founder, è di creare sin da subito team di lavoro altamente qualificati con persone “migliori di lui/lei” negli ambiti di maggiore rilievo per la futura azienda, contaminando professionisti con giovani talenti e di lavorare moltissimo sul business model e sulla visione a breve e a lungo termine. Così facendo la startup avrà basi solide sulle quali progettare e sarà più semplice guadagnarsi la credibilità per le attività di fundraising necessarie alla sua crescita e al suo futuro di azienda.
– Lo so che non si dovrebbe chiedere, ma la domanda è d’obbligo. Se un giorno Orange Fiber, crescendo ancora di più a livello aziendale, dovesse richiedere di passare mano ad altra proprietà, lei sarebbe pronta ad una evenienza del genere?
L’obiettivo di Orange Fiber è di consolidare la sua posizione come azienda leader nel segmento dei tessuti sostenibili e creare un marchio tessile altamente riconoscibile e differenziato dagli altri per l’impegno nella tutela dell’ambiente e la trasparenza dell’intera catena di produzione. È un obiettivo ambizioso che richiede partnership industriali internazionali, investimenti consistenti e crescita della complessità. L’azienda ha già affrontato con successo un cambio di leadership, necessario per garantire professionalità adeguate alla fase di sviluppo in essere. Il mio compito è stato quello di garantire continuità e apportare visione strategica alle politiche aziendali, grazie alla profonda conoscenza del mercato che ho costruito negli anni, portandomi oggi a presiedere il CDA che la dirige. Sarei pronta a fare un passo indietro (o accanto ad un’eventuale nuova proprietà) se questo fosse necessario in futuro per far prosperare l’azienda e, con lei, le persone che la compongono e il territorio in cui si trova.
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