
Fabrizio Garufi, si presenti.
Anni 38, laureato in ingegneria elettronica nel 2005 presso l’Università degli studi di Catania e diplomato alla Scuola Superiore di Catania nel 2006. Subito dopo la laurea ho intrapreso un’esperienza lavorativa presso Accenture a Milano, lavorando come consulente IT nel settore financial per i clienti BPU e Antonveneta. Dopo un anno ho deciso di rientrare in Sicilia per intraprendere un’avventura imprenditoriale innovativa: inizia così la storia della TechLab Works, che nel 2019 ha festeggiato i suoi primi 10 anni di attività.
Tra le mie passioni ci sono sicuramente l’arte e la lettura. Inoltre ho un debole per lo sport, in particolare per il tennis.
– La prima domanda è d’obbligo. Lei allievo della Scuola Superiore di Catania, e dunque per definizione fra le eccellenze del mondo studentesco, come mai ha deciso di avviare un’attività imprenditoriale e non invece proseguire sulla strada della ricerca scientifica e universitaria?
Dopo la laurea mi trovai al bivio tra la carriera universitaria e il mondo delle imprese. Il fascino esercitato dal settore produttivo e dal lavoro in un contesto aziendale ha prevalso. Ho sempre trovato stimolante l’attività di creazione di prodotti e le sfide generate dal mercato.
– Quando ancora non si chiamavano startup, nella accezione più ampia che oggi se ne dà, la sua azienda quando è nata aveva tutte le caratteristiche di una odierna start up innovativa. Qual è stata la business idea originaria? A quale mercato intendeva rivolgersi?
Nel 2008 il concetto di start up innovativa era ancora embrionale ma certamente la nostra realtà, nata come iniziativa imprenditoriale nel settore high-tech, aveva tutte le caratteristiche di una odierna start up innovativa. La business idea originaria era la realizzazione di soluzioni ad alto contenuto tecnologico, mediante lo sviluppo di prodotti legati all’elaborazione di flussi video e all’automatizzazione di processi informativi. Inizialmente ci siamo rivolti al mercato italiano, con l’idea di esportare poi le nostre competenze anche all’estero.
– Ha fruito di programmi di mentoring in qualche struttura dedicata, come un incubatore o un acceleratore?
Si, nel 2007 la business idea presentata da me e dal collega Luigi Tummino, oggi mio socio, è stata selezionata come seconda migliore idea all’interno del progetto Plast_ICs OF2, promosso dal consorzio MedSpin, coordinato dalla prof. Margherita Poselli e diretto dal dott. Aldo Missale incubatore di aziende con sede a Catania creato dall’Università degli Studi di Catania in partnership con Sviluppo Italia Sicilia. Il progetto prevedeva un corso di formazione imprenditoriale della durata di 8 mesi, che ci ha permesso di trasformare la business idea in business plan.
– Techlabworks ha già celebrato dieci anni di attività imprenditoriale. In questo lasso di tempo dalla sua istituzione, quali business si sono affiancati a quello originario?
Il business originario era la produzione e la commercializzazione di dispositivi elettromedicali. Il nostro prodotto di punta è il Sistema Xe, un innovativo sistema di sala operatoria integrata, tra le quali installazioni annoveriamo anche quella all’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna e all’Istituto Gaslini di Genova, grazie al quale il personale medico direttamente in sala operatoria mediante un unico pannello di controllo touchscreen può gestire i segnali audio e video, le luci di sala, i dispositivi elettromedicali, i parametri ambientali e i dati elettronici provenienti sistema informativo aziendale ospedaliero. A questo si sono affiancati negli anni successivi la progettazione e realizzazione di sistemi di videosorveglianza e sicurezza, la produzione e la commercializzazione di sistemi di digital signage, come ad esempio i digikiosk totem e i digikiosk table, tavoli multimediali motorizzati installati in alcune portaerei della marina militare italiana, e la creazione di applicazioni elettroniche ed informatiche conto terzi.
– Del suo team chi fa parte e con quali competenze?
Attualmente il team è composto da 9 persone: 5 ingegneri elettronici ed informatici, tra cui i miei soci Luigi Tummino e Alberto Cavallaro, una responsabile amministrativa, dottoressa in Economia e Commercio, e 3 tecnici specializzati.
– Per l’attività svolta, Techlab Works è sulla frontiera di tutte le nuove tecnologie emergenti di Industria 4.0. A quale tecnologia Lei crede di più, per il potenziale applicativo che può avere per l’attività della sua azienda?
Delle nuove tecnologie abilitanti tutte sono già attualmente legate alle nostre attività aziendali. Di sicuro simulazioni, integrazione orizzontale e verticale e industrial internet sono quelle che credo continueranno sempre di più a caratterizzare il nostro agire quotidiano mentre cloud e cyber security sono ormai capisaldi imprescindibili delle nostre attività.
– Questa tensione all’innovazione che ha naturalmente Techlab Works attraverso quali canali l’alimenta? Al suo interno? O ricorrendo anche a partnership?
La tensione all’innovazione ci viene certamente dall’interno della nostra azienda, dove maturano le idee dei contesti applicativi nel nostro mercato, ma deriva anche dai continui scambi di informazioni con i nostri i distributori, partner commerciali e clienti finali.
– Avete mercati stranieri? Operate anche all’estero?
Si, di recente abbiamo fornito i nostri dispositivi all’interno di un complesso operatorio in un ospedale di Tirana in Albania e negli Emirati Arabi, alla Khalifa University di Abu Dhabi.
– Poichè operate in ambito medicale, durante questa pandemia da Covid-19 avete sviluppato qualche attività in particolare, d’impatto per la lotta contro il virus?
Sì, in questo periodo abbiamo consolidato un prodotto che producevamo già da prima della pandemia: Hospital Live, una piattaforma che viene installata a bordo letto nei reparti di medicina e di terapia intensiva per rendere più confortevole la degenza dei pazienti, che attraverso un display possono accedere a giochi, giornali e soprattutto collegarsi in streaming con i familiari. Un sistema che permette anche a infermieri e medici di filtrare le comunicazioni con il paziente, e che quindi migliora anche il trattamento medico, con la rilevazione immediata della cartella clinica e dei dati elettronici sulla salute. Durante i primi mesi della pandemia quindi con questo sistema abbiamo permesso a molti pazienti isolati di comunicare con le persone care, facendo certamente la differenza.
Inoltre abbiamo anche sviluppato delle cabine in cui è possibile sanificare scarpe e indumenti e controllare la temperatura corporea di chiunque debba accedere a un reparto ospedaliero, un prodotto che permette di accorciare di molto tempi e risorse dedicate ai controlli di sicurezza sanitaria.
– Domanda classica: chi sono i vostri concorrenti nelle attività di cui vi occupate?
In ambito elettromedicale ci confrontiamo con dei grossi player internazionali quali Olympus e Storz. Nel settore della videosorveglianza la concorrenza è costituita da numerosi system integrator su territorio regionale e nazionale.
– Altra classica domanda. Avete investitori professionali, venture capitalists, o investitori industriali nel capitale di rischio della vostra azienda?
No, il capitale di rischio dell’azienda è costituito solo dai finanziamenti dei soci.
– Lei è consigliere di amministrazione dell’Università di Catania. In che modo secondo Lei gli Atenei dovrebbero potenziare le attività di trasferimento tecnologico, cioè dalla ricerca e dall’innovazione al mercato?
La questione della terza missione è certamente spinosa. Diverse ricette sono state formulate per favorire il trasferimento tecnologico e dunque la creazione di valore sul territorio, ma ad oggi credo ci sia ancora molto da fare.
Innanzitutto, credo che l’università dovrebbe ripensarsi per diventare volano di sviluppo occupazionale. Ricerca e didattica non possono più essere i due soli pilastri fondanti di un’Università. Finanziare stage presso le aziende, realizzare cabine di regia per la progettazione integrata tra aziende e gruppi di ricerca, creare uffici di placement maggiormente integrati con il territorio e più reattivi, aumentare il numero e la frequenza degli incontri tra aziende e studenti, sono solo alcune delle iniziative che dovrebbero essere intraprese in modo continuativo e convinto dai nostri atenei.
– Una domanda su Catania. Crede che ci sia un vero ecosistema locale dell’innovazione e delle start up, oppure ci sono varie iniziative ma manca una regia unica e una visione comune?
Catania per sua indole è da sempre stata una città molto dinamica. Il numero di iniziative autonome è notevole e di certo il tessuto etneo ha una spiccata vocazione imprenditoriale. Purtroppo il territorio si trova impreparato. Aree industriali carenti, agevolazioni per la creazione di ambienti di lavoro e produttivi insufficienti, finanziamenti per le idee innovative lenti e strumenti inadeguati testimoniano come una cabina di regia ben strutturata e istituzionalmente forte sia necessaria. E’ evidente un forte scollamento tra le esigenze del mercato e delle imprese e le istituzioni che governano il territorio, e purtroppo credo che al momento questo vuoto sia ben distante dall’essere colmato.
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